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La peggior strada d’Africa

La peggior strada d’Africa

10.09.2012 (Mamfe / Camerun)

La Ekok-Mamfe. Al solo scriverlo un brivido. Sapevamo saremmo passati di qui. Con un misto di timore e di eccitazione, per cinque mesi ci siamo avvicinati sempre più. Ed oggi, il cinque di settembre, sotto un sole di buoni presagi, i 74.4 chilometri che separano il villaggio di Ekok dalla cittadina di Mamfe sono davanti a noi. Da subito i locali ci incoraggiano. A modo loro. "La strada è in pessimo stato", "siamo in stagione delle piogge", "senza il nostro aiuto non ce la potete fare". Si mettono a disposizione vari gruppi di 4-5 uomini. Muniti di pale ci garantisco l'attraversamento dei primi cinque chilometri, i più duri. Vogliono però troppi soldi che non abbiamo. Infatti i franchi CFA dell'Africa dell'Ovest qui valgono cartastraccia e riusciamo a cambiare solo gli ultimi Naira nigeriani. Ci sediamo ad una terrazza. Facciamo capire che abbiamo tempo, tanto tempo. Siamo così rilassati che dopo diverse ore i nostri "disinteressati" aiutanti si stufano e ci lasciano da soli. E' quindi il momento di saltare in macchina e di andare a dare un'occhiata alla peggior strada d'Africa. Posteggiamo a pochi metri dal primo punto critico e ci avviamo a piedi. E' tardi e rimandiamo a domani il primo tentativo. Prima dell'inizio di una forte pioggia, riusciamo a farci un'idea dei primi quattro punti difficili (li numeriamo con SPOT1, SPOT2, SPOT3 e SPOT4). Se i primi ci lasciano perplessi, il quarto ci lascia letteralmente senza parole. Lo SPOT 4 sembra preparato appositamente per un concorso di fuoristrada. E' suddiviso in tre varianti, quasi per testare la capacità dei partecipanti nella scelta del percorso più facile. E' una distesa di 150 metri di fango, cunette e bacini e il tutto in salita. Dopo aver percorso per 20 minuti le tre varianti, Daniele è convinto che di qui si passa solo con l'intervento di un elicottero. Bega, con gli occhiali rigati dalla forte pioggia non vede un tubo, e per questo rimane più positivo... Torniamo alla macchina e allo SPOT1 ci aspetta una sorpresa. Spuntano due bianchi (non ne vediamo da settimane). Sono Jan e Mariska dall'Olanda. Lui impugna un machete. Lei è armata di un'ottima reflex. Ci salutiamo cordialmente. Viaggiano da un anno e mezzo in Africa a bordo di un camion fuoristrada da 12 tonnellate perfettamente accessoriato e, se vogliono continuare la discesa verso il sud, devono anche loro attraversare l'Ekok-Mamfe. Siamo tutti contenti dell'incontro ed entusiasti di affrontare questa avventura con due veicoli. Ha smesso di piovere e decidiamo di dare nuovamente un'occhiata alla strada con i nostri nuovi amici. Campeggiamo insieme all'uscita di Ekok. Passiamo la serata al fianco dei veicoli e brindiamo con del liquore olandese all'avventura che ci aspetta. Appuntamento per le otto di mattina del giorno dopo!

 

Dal diario di Daniele:

“Giorno 1. Partiamo puntuali. Passiamo il blocco di polizia all'uscita di Ekok e ci fermiamo allo SPOT1. Entriamo fino agli stinchi nel fango e ci assicuriamo che il fondo sia stabile. Non è necessario preparare il terreno. I mezzi si inclineranno sulla destra, ma in maniera accettabile. La parete destra è alta quasi quanto la Patrol. Le infinite strisciate di altri mezzi hanno perfettamente levigato la parete. Temo (Daniele) per la fiancata destra... Per primo passa l'enorme DAF di oltre 6 litri di cilindrata degli olandesi. Non è equipaggiato di blocco dei differenziali. Si inclina di molto, ma esce senza difficoltà. Mi metto al volante, ingrano la prima, seconda delle ridotte, prendo velocità e mantengo i giri motore ad oltre 3000. In testa ormai l’abituale “Hasta la victoria. Siempre.” Le tracce obbligano la Patrol sulla destra, verso la parete. Patina un po’, ma ne esce vittoriosa. Felici esultiamo del primo punto a nostro favore.
Lo SPOT2 è dopo una larga curva soprelevata degna di Indianapolis. La prima parte è molto fangosa, ma relativamente piana. Alla fine però un brusco avvallamento farà sparire la Patrol sotto il livello del terreno fino a metà finestrini. Tanto fango all’interno. La salita è ripida. Stabilizziamo il fondo e le parti profonde con tronchi e a suon di pale. Decidiamo che ancora una volta passerà il camion per primo. Si infossa, le enormi ruote patinano, ma dopo un attimo ne esce. Evviva! E’ il turno di Bega. La prima tratta ok, la Patrol si infossa nella “piscina”, ma quando ricomincia a salire non ce la fa. Tocca al centro. Proviamo diverse volte. Cerchiamo di spingerla, ma niente. Nessun problema. Attacchiamo la robusta cinghia di traino da venti tonnellate al retro del camion e la Patrol viene su come se niente fosse.
SPOT3 è in legger salita e devia sulla sinistra. Il centro è usato solo dagli enormi camion ed è devastato. Jan e Mariska non lo prendono nemmeno in considerazione. Intanto decine di moto continuano a passarci di fianco e ci salutano con un “Hello, white men. The road is very bad (ah si?). You need to ask for help.”(eng. “Ciao, uomini bianchi. La strada è in pessimo stato. Dovete chiedere aiuto.”). Mariska filma e fotografa. Non prepariamo il percorso, ma non dimentichiamo di percorrere a piedi le due tracce. Sprofodiamo fino alle ginocchia. Il camion passa, scivola e verso la fine, quando sembra ormai fuori, si inclina paurosamente sulla sinistra. Il posteriore è scivolato in un avvallamento. Mariska, anche se a distanza di sicurezza, indietreggia e si mette le mani nei capelli. Urla. Il camion si è già adagiato su di un fianco a più riprese durante il loro viaggio e non ha voglia di ripetere... Jan si ferma all’istante. Dobbiamo usare il winch. Troviamo un enorme albero nel fitto della vegetazione. Non sappiamo esattamente dove infiliamo braccia e piedi. E’ meglio non saperlo. Gli insetti sono tanti. Passiamo la cinghia blu da cinque metri intorno alla base, moschettone, cinghia gialla da 20 tonnellate piegata in due e agganciamo la fune del winch, anche in doppio, ad un carrucola. Con le funi in doppio raddoppiamo le forze. Jan al volante e Mariska all’esterno ai comandi del winch. Il camion esce! Prendo il volante e cerco velocità con una terza ridotta. La Patrol si comporta bene, ma sulla fine si blocca. Tocchiamo con il fondo. Cercano di spingermi. Le ruote cominciano a fumare dall’attrito con il fondo sassoso. Mi trainano fuori. Tre a zero per noi.
SPOT4. Repérage dettagliato. Dopo lunga discussione noi si opta per la variante di sinistra, gli olandesi per quella centrale. Dobbiamo però prima discutere il prezzo di passaggio con Armstrong, un ragazzo che si occupa della (scarsa) manutenzione dei percorsi. Dei fragili legni fungono da barriera. Osservo le moto che per il passaggio lasciano poche monete. Deduco quindi meno di 1000 CFA (1.5€). Più probabilmente 500 CFA. Per i nostri passaggi riusciamo a negoziare 4000 per il DAF e 2000 CFA per noi. Sicuramente un prezzo per bianchi, ma sempre meglio dei 10'000 CFA (15€) iniziali per il solo camion. Passiamo prima noi, ma prima la pista va preparata nel dettaglio. Vuotiamo il più possibile dall’acqua e fango la “piscina” iniziale. Sprofondiamo fino alle ginocchia. Scaviamo, lisciamo e stabilizziamo le tracce con dei tronchi. Si parte. Bega da potenza, passa la prima tratta facile e punta sicuro il muso del fuoristrada alla pozza. Si immerge, comincia a sobbalzare paurosamente a destra, a sinistra, a destra e ancora a sinistra. Sembra un giocattolo. Il motore ruggisce. Bega non molla neanche a prenderlo a colpi di bazooka. Io lo incito e gli urlo di non lasciare il gas per mantenere il tubo di scappamento libero dal fango (la pressione dei gas di scarico evita che acqua e fango entrino). La battaglia è dura, ma ne esce vittorioso. Comincia la salita. La barriera (e qui nel diario scappa un’imprecazione) è chiusa. Gli urlo di sfondarla, ma la Patrol si ferma comunque bloccata dal fango. Insulto d’ufficio Armstrong che si scusa dicendo che non se ne era accorto (era seduto a guardare poco distante). Lo insulto di nuovo per sport. Barriera sue con Jan spingiamo e solleviamo il retro a braccia. Retromarcia.Prima. Retromarcia e la macchina fa presa. Riparte sempre più veloce in salita. Io la inseguo correndo, ansimando ed inciampando. Sono sfinito e grondante di sudore, con fango ovunque, ma non ci penso minimamente di mollarla. Quando rallenta sono li a spingere come un mulo piantonandomi come posso. A pochi metri dall’arrivo si ferma. Il bulbo del differenziale anteriore sembra arare l’argilla compatta. Scaviamo con l’aiuto di Armstrong in corrispondenza del bulbo per alcuni metri. Spingiamo e la macchina esce. Euforici a dir poco! Tocca ai nostri amici. Provano la via di mezzo ma anche per loro la cunetta centrale tra le profonde tracce è troppo alta. Bloccati. Aiuto Jan a smontare il pesante argano dal davanti e a montarlo sul dietro del mezzo. Il winch elettrico fa il suo lavoro e il DAF torna da dove è partito. Tutti spossati decidiamo di fare una pausa e di mangiare qualcosa. Intanto Bega ha posteggiato al fianco della pista ed ha aperto la tenda. Si è messo ai fornelli per un buon piatto di pasta. Quando ci riattiviamo Jan ha già preparato la pozza di sinistra in modo da non far troppo pendere il camion sulla sinistra. Ci batteremo per ore e solo a suon di winch il camion sale. SPOT4 vinto prima di sera. Il camion ci affianca e decidiamo di passare la notte li, al chilometro 3.3 da Ekok (proprio così! In 8 ore siamo avanzati di 3300 metri). Tatà, che per tutto il giorno era libera, non risponde ai richiami. Dopo una doccia da campo, mi metto ai fornelli. Nel mentre Bega parte alla ricerca della cagnetta. Un tizio dice di averla vista al posto di controllo di polizia di Ekok. Parte a piedi nudi. Le scarpe sono un ammasso di fango inutilizzabile. Torna con il buio dopo molto tempo. Con Tatà e grandi novità. E’ tornato fino alla stazione di polizia e ha sentito Tatà piangere ed abbaiare. L’ha chiamata per quasi 15 minuti ed in seguito ha deciso di seguire i latrati provenienti dalla giungla. Si inoltra seguendo un sentiero poco praticato e si allontana da questo per raggiungere Tatà. La trova. E’ attaccata ad un albero con una catena! Sorpreso, la stacca e si accorge presto di aver perso l’orientamento. Comincia a fare buio e cammina nella densa vegetazione a piedi nudi. E’ Tatà a ricondurlo verso la Ekok-Mamfe! Scopriamo che in Camerun, come in Ghana ed in altri paesi africani, i cani vengono mangiati. Ma forse volevano riportarcela in cambio di soldi. Grande Bega!

Giorno 2. Partiamo come previsto alle otto di mattina e arriviamo allo SPOT5, l’ultimo difficile, sembra... E’ un campo di battaglia. Più di 400 metri di off road estremo. All’inzio la strada si divide in due opzioni. Quella a destra è preparata e c’è un pedaggio. Sembra fattibile, ma i veicoli scivolano la maggior parte del tempo sui fianchi contro alte pareti di argilla. Per il DAF troppo stretta. A sinistra invece si sale, ci si immerge in una “piscina”, si risale e dalla vetta si scende fino ad un’enorme pozza. Usciti da quest’ultima, le due opzioni si ricongiungono per lanciarsi insieme in un enorme bacino riempito di densa melma. I fuoristrada spariscono qui completamente sotto il livello del terreno. Una volta risaliti, una pendenza di 100 metri per infossarsi nuovamente nel fango per una ventina di metri. Da li via, strada libera! Scegliamo tutti l’opzione di sinistra. Il DAF parte e arriva in cima della collina dopo varie marce in dietro. Non ha margine di errore. Non ci sono alberi per il winch entro i 50 metri complessivi delle sue cinghie di traino. Guido io, ma la Patrol, anche se abbiamo accuratamente preparato il terreno, si infossa. Via di fune di traino. Passiamo allo stesso modo anche la discesa e la pozza. Davanti a noi cinque Toyota carichissimi in attesa davanti al bacino. Si vede a malapena spuntare il carico del primo fuoristrada che si è impantanato al suo interno. A Jan riesce un baratto. Se ci lasciano passare per primi, poi li aiutiamo tutti a suon di winch. Prepariamo il fondo ma il DAF si blocca. Tiriamo giù un primo albero tirando con il winch e al secondo albero il camion si libera. La nostra Patrol viene su senza difficoltà, ma il primo Toyota della serie è talmente carico da far surriscaldare il winch da 7.5 tonnellate. Con il winch fuori uso, Jan decide di trainare solo il primo dei Toyota. Starà a lui aiutare i seguenti. Senza winch il DAF è handicappato e Mariska è su tutte le furie. Passiamo l’ultima tratta. [...] con il winch che riprende a funzionare. Per fortuna era solo una sicurezza di anti-surriscaldamento che si era attivata. Decine di persone ci chiedono acqua. Sto quasi per offrire una parte degli ultimi cinque litri rimasti nella Patrol, quando scoppio a ridere. Una signora, forse quella più insistente e che dice di essere sul punto di muorire di sete, estrae dalla borsetta un iPad e, lamentandosi di non avere connessione internet comincia a scattare foto di noi mentre si cerca di liberare un Toyota sul punto di ribaltarsi in un canale. “Ma come?” le dico “viene nella giungla, in piena stagione delle piogge e su di una strada devastata, con l’ultima generazione di tablet della Apple, e non pensa neanche di mettere una bottiglia di acqua in valigia?!?” L’acqua ce la beviamo noi. In effetti le riserve finiranno il giorno stesso e ci ritroviamo a doverne filtrare da un fiume con un microfiltro della Katadyn. Ci riemettiamo finalmente in marcia su di una strada più clemente. Dopo poco tempo vedo un fiumiciattolo scorrere veloce sotto la strada. L’acqua è limpida. Liane e una vegetazione fittissima si immergono dalle rive. Sono pieno di fango che ormai si è seccato e comincia a tirare sulla pelle. Le scarpe pesano il doppio. Non resisto. Salto giù dalla macchina e mi tuffo, calzoni e scarponi da montagna compresi. Una go-du-ria! Jan e Bega mi raggiungono dopo pochi istanti. Ce la godiamo e decidiamo di accamparci li. Comincia a far buio e l’acqua del fiume ci sarà utile l’indomani per dare una lavata al materiale infangato. In due giorni siamo arrivati al chilometro 10. Dieci chilometri in due giorni!

Giorno 3. La mattina ci svegliamo sotto la pioggia. Che fortuna! Gli ultimi due giorni, durante le tratte difficili: SOLE! Bagno nel fiume con i bambini del villaggio e si riparte. Oggi arriveremo al km 70 della Ekok-Mamfe. La strada è praticabile e filiamo spediti (media di 15 km/h). Ci accampiamo e brindiamo all’attraversamento della Ekok-Mamfe.

Giorno 4. L’arrivo nella cittadina di Mamfe. Ritroviamo l’asfalto. Togliamo il 4x4 e il blocco dei differenziali. E’ domenica mattina inoltrata e la gente esce dalle chiese vestita di tutto punto. I nostri veicoli sono ricoperti di fango e blocchi di terra crollano ad intervalli regolari sul bitume pulito da chassis e parafanghi. Noi siamo tutto fuorchè presentabili. Ad ogni passo lasciamo un’impronta in rilievo di melma rossa. Ci sentiamo un po’ come degli astronauti appena tornati dallo spazio. Ce l’abbiamo fatta e ci siamo divertiti! L’Ekok-Mamfe in stagione delle piogge! Da qui, dopo aver viaggiato per quasi due mesi guardando ad est, la nostra rotta punterà di nuovo ai 180 gradi, al sud, all’Africa del Sud!"

 

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